Dopo 150 metri arriviamo vicino ad una moto parcheggiata sul
marciapiede, una Harley Davidson di non so che anno. Colore bordeaux. Due
caschi neri adagiati sulla sella.
“Wow! Fantastica,” Penso io. Sono in ansia ma perché ho sempre
avuto paura di andare in moto.
“Tieni, mettitelo.”
Ma come? Mi sono appena piastrata
i capelli! Chi se ne frega... quando mi ricapita? Salgo in moto felice come non
mai. Mi stringo forte a lui, e senza pensare a niente si parte. Sono
strafelice.
“Che dici? Facciamo i turisti per una sera?”
“Certo, perché no!”
La nostra città è bellissima, sopratutto se la guardi con gli
occhi del turista. Affacciata sul mare, con le sue stradine strette, che in
moto si percorrono con estrema facilità, è un vero spettacolo. Chiese, musei,
botteghe artigiane, la vecchia università, ogni angolo di strada è particolare.
Nell’aria si sente un buon profumo. Odore di cibo che arriva dai vari
ristorantini del centro storico. Rumori di posate, di piatti rotti. Un
cameriere impreca. Forse per il troppo lavoro che ha da fare. O forse perché
dovrà raccogliere i cocci rotti.
Ogni tanto ci fermiamo per scambiarci un bacio e per fumare una
sigaretta.
Sul colle della città, la terrazza panoramica ci accoglie in
tutto il suo splendore. E’ solo pedonale quindi non possiamo raggiungerla con
la moto. Sarebbe un vero peccato scendere, stiamo bene in sella, stretti stretti. Così proseguiamo il nostro giro turistico.
Le mura del castello, con le varie fortificazioni e le sue torri. Le stradine,
i negozi di porcellane, di tappetti ed arazzi. Marco si ferma. “Vieni... è
l’ora dell’aperitivo.”
Non ero mai stata in quel locale, eppure ci sarò passata davanti
un milione di volte. E’ molto carino ed accogliente. Luci soffuse, musica da
piano bar. I tavolini in legno con le sedie abbinate color mogano scuro. Alle
pareti stampe anni ‘70. Un vecchio jukebox e dischi in vinile sparsi ovunque.
Sono usati come sotto piatti, e penso che sia un vero spreco, ma tutto era
comunque bellissimo.
Brano tratto da “Bordeline: quando una donna ama” di Antonella
Contu
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